LA VOCE DEL PADRONE ...
Contratti snelli per competere - BERGAMO. Dal nostro inviato
Il contratto nazionale del lavoro resta centrale. A patto che sia adattabile alle esigenze delle singole imprese.
L'esigibilità, la flessibilità e la derogabilità (a livello aziendale) dei contratti rappresentano tasselli essenziali nel mosaico delle nuove relazioni industriali. In questa maniera il perimetro della rappresentanza non viene destrutturato, ma modernizzato con razionalità.
Alla tavola rotonda coordinata dal vicepresidente di Confindustria Alberto Bombassei e da Stefano Parisi (presidente di Assotelecomunicazioni-Asstel), gli imprenditori hanno mostrato di sapere bene quanto la partita delle relazioni sindacali sia strategica.
Per l'efficienza delle imprese. E per un contestuale rientro del costo del lavoro per unità di prodotto che, nei dieci anni prima della crisi del 2008, è cresciuto più che negli altri paesi: +19% in Italia, a fronte di una flessione del 9,8% in Germania. Una trentina di punti di competitività persi rispetto al motore e al cervello industriale dell'Europa. Un meccanismo di erosione della efficienza industriale che, secondo alcuni osservatori, rende maledettamente complicato anche soltanto sperare in un recupero di produttività, l'indicatore che mostra come dai primi anni Novanta l'Italia abbia iniziato ad arrancare rispetto alle altre economie.
Di fronte a questa deriva, pensano gli imprenditori radunati a Bergamo, occorre operare sul punto di congiunzione fra le relazioni sindacali e l'efficienza industriale. Un
punto di congiunzione tanto più robusto quanto più sono certe le regole della rappresentanza. A Bergamo tutti hanno mostrato di sapere bene quanto il combinato disposto fra la recessione e l'impatto del fenomeno Marchionne sul piccolo mondo antico dell'Italia stia cambiando il campo su cui ogni protagonista si muove.
Durante i lavori, ha prevalso una convinzione. Le regole vanno modificate e adattate alla realtà italiana partendo dalla riforma degli assetti della contrattazione del 2009 che
ha indicato l'opportunità di aumentare il peso del livello aziendale. È questa la pietra su cui costruire l'intero nuovo edificio. Peraltro, in un clima che, secondo quanto riferisce più di un osservatore, non è stato per nulla teso. Tanto che, dal punto di vista simbolico-emotivo, non si è registrata nessuna particolare fuga in avanti. Certo, in molti
hanno indicato un tema delicato come la flessibilità in entrata e in uscita dal mercato del lavoro. Ma nessuno, al tavolo di Bergamo, si è sognato di mettere in dubbio un diritto, insieme personale e collettivo, come lo sciopero. È però emersa l'esigenza di renderla una pratica non improvvisa e improvvisata, ma razionalizzata attraverso una
sua maggiore codificazione.
Dentro questa riflessione sui meccanismi effettivi e sui principi ispiratori delle nuove relazioni industriali, ha preso corpo la disponibilità da parte del ceto imprenditoriale a
rendere più robusti gli ammortizzatori sociali italiani che, con tutti i loro limiti, hanno finora consentito di preservare, dal freddo della grande crisi, tanta parte dell'apparato industriale nazionale.
In una simile miscela di umori e di progetti, di prassi e di obiettivi, a Bergamo in molti hanno sottolineato una cosa. Occorre modificare sempre più la liturgia italiana che, per decenni, ha previsto il rito dell'unanimità: quando si sottoscrive un accordo e la maggioranza dei lavoratori lo approva, l'accordo è valido e si procede alla sua
attuazione. E non si tratta di una posizione tattica dovuta al fatto che oggi il fronte sindacale è diviso, dicono in molti. Nessuna acrimonia verso la Cgil, a poche ore dal non eccessivo successo dello sciopero nazionale e a pochi giorni dal si dei lavoratori della Bertone (e della Fiom torinese) al nuovo contratto per la controllata del gruppo Fiat. Soltanto una questione di metodo.
Tratto da: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-05-08/contratti-snelli-
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