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Pensioni, età per età ecco cosa cambia

Da uno a 4 anni di lavoro in più con l’agganciamento
dei requisiti alle speranze di vita e con le nuove finestre. Laureati e donne tra i più colpiti.

Previdenza. Quando si potrà incassare l’assegno dopo le riforme Sacconi e Tremonti

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Pensioni, età per età ecco cosa cambia

Da uno a 4 anni di lavoro in più con l’agganciamento
dei requisiti alle speranze di vita e con le nuove finestre. Laureati e donne tra i più colpiti

Giovanni ha 30 anni, è nato il 1˚ giugno del 1980, è laureato in statistica. E’ fortunato perché ha trovato lavoro subito dopo gli studi, nel 2005. Per lui la pensione, in base all’ultima riforma Prodi, quella che ha introdotto le quote, era lontanissima: primo gennaio 2042. Invece dovrà pazientare quattro anni e tre mesi in più rispetto alle regole attuali. La pensione non arriverà prima dell’aprile 2046, dopo 40 anni, si spera ininterrotti, di attività. Anna ha 40 anni — è nata anche lei il primo giugno e sempre il primo giugno ha iniziato a lavorare. Gestisce un negozio e ha già 15 anni di contribuzione. L’anno scorso ha fatto due conti e ha visto che avrebbe tagliato il traguardo delle pensione nel luglio del 2030 a 60 anni di età. Ma la rendita sarebbe arrivata solo dal gennaio 2031 per via delle finestre. Invece dovrà alzare la saracinesca del negozio per qualche altro anno. Maturerà i requisiti solo nell’ottobre del 2032 e l’assegno Inps arriverà sul conto corrente non prima dell’aprile 2034, tre anni e tre mesi dopo. Luigi, autonomo, ha 50 anni e 25 di contribuzione. Pensava di poter incassare la pensione nel luglio 2023 e invece la potrà percepire solo a Natale 2024, quasi un anno e mezzo dopo.

Le regole
Tre casi, tre generazioni di lavoratori dipendenti o autonomi. Ma lo stesso risultato: rispetto ad oggi la pensione arriverà in ritardo. Colpa delle ultime due riforme. Una in discussione in questi giorni (quella che ha modificato il meccanismo delle finestre), l’altra, più sostanziosa, approvata l’anno scorso (età di pensionamento rivista in base a dati statistici) e passata quasi in silenzio. Due provvedimenti che blindano, quasi definitivamente, i conti pubblici, ma che costringono tutti i lavoratori a rifare i calcoli. Come risulta evidente dalle due tabelle pubblicate qui a fianco dove per i dipendenti privati, uomini e donne, nati dal 1948 al 1980 viene indicato a che età percepiranno la pensione. Ogni casella ha un colore profetico: verde se c’è un peggioramento fino a un anno rispetto ad oggi, giallo se i tempi di attesa aumentano da uno a tre anni, rosso oltre i tre anni. Le due schede sono state elaborate da Progetica, società indipendente di analisi e consulenza . Il primo aggiornamento sulla tabella di marcia delle pensioni, deriva dalla revisione delle finestre, decisa con l’ultima manovra. Con il nuovo meccanismo una volta maturati i requisiti i dipendenti dovranno aspettare 12 mesi per incassare il primo assegno e gli autonomi addirittura dovranno attenderne 18. Già questo fa innalzare l’età effettiva di pensionamento di quasi un anno.

Le conseguenze
Ma il vero giro di vite scatterà dal 2015 quando entrerà in vigore la riforma Sacconi, quella che aggancia l’età pensionabile alle speranze di vita. Proprio in questi giorni sono state delineate le modalità operative con le quali si procederà al calcolo. Si può stimare che in 40 anni la vita media si allungherà di 6. Con conseguente aumento dell’età pensionabile. A farne le spese saranno soprattutto i laureati che sono nati dal 1970 in poi: per loro la pensione non arriverà prima dei 65/66 anni, con un ritardo di circa 3/4 anni rispetto ad oggi. Colpito anche chi ha iniziato a lavorare tardi (rischia di sfiorare i 70 anni). Per molti lavoratori la rendita arriverà solo dopo 40 anni di attività. Il peggioramento più evidente è per le donne: il baluardo dei 60 anni non resisterà a lungo. Oltre ad arrivare più tardi, le pensioni saranno più magre perché contemporaneamente all’innalzamento dell’età pensionabile saranno ridotti anche i coefficienti di calcolo contributivi. E non si tratta di un gioco a somma zero. «Le ultime riforme — spiega Sergio Sorgi, vicepresidente di Progetica — introducono una sorta di "disintermediazione" delle scelte sul futuro, che passano dalla politica alla statistica. In sostanza gli elementi di calcolo che definiscono il "quando" e il "quanto" della pensione vengono definiti con meccanismi automatici di adeguamento in base all’allungamento della vita media. Riforme generate dalla crisi globale e dalla necessità di rimettere in ordine i conti di una previdenza sempre più a rischio a causa dell'invecchiamento della popolazione e della scarsità di risorse pubbliche da investire nel welfare». Insomma potrebbe non essere finita.

Massimo Fracaro corriere della sera
08 giugno 2010

 

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