UGL TELECOMUNICAZIONI PUGLIA

SEGRETERIA REGIONALE PUGLIA E PROVINCIALE BARI :

Via Arcivescono Vaccaro, 5 Bari

 

Segretario Regionale Francesco D'Ambrosio -tel. 3316025481 -

 

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UGL: documento di analisi e proposte per una 
ripartenza dell'economia e dell'occupazione in Italia 


Dall’entrata in vigore della legge Fornero (legge 92/2012) ad oggi, abbiamo assistito al 
crollo dei contratti di lavoro a tempo indeterminato (-294mila); all’aumento dei 
disoccupati (+156mila); dal 2008, quando è iniziata la prima crisi, i disoccupati sono 
passati da 1.686.000 a 3.105.000 con un aumento di 1.419.000 unità, pari ad oltre l’84%. 

La disoccupazione giovanile, complice una riforma pensionistica che ha cancellato dalla 
notte alla mattina regole previdenziali condivise e che, soprattutto, avevano comunque 
garantito un equilibrio finanziario, è schizzata al 44,2%, con punte di oltre il 50% nel 
Mezzogiorno, mentre l’apprendistato è rimasto sulla carta e Garanzia giovani, tanto 
pubblicizzata, rischia di rimanere l’ennesima occasione persa; è aumentato il part time 
involontario, con tutto quello che ne consegue in termini di minore reddito per il lavoratore. 
Dal luglio del 2012 all’agosto del 2014, l’Inps ha autorizzato quasi 2,4 miliardi di ore di 
cassa integrazione; nei primi otto mesi dell’anno, la situazione è addirittura peggiorata. 
L'ultimo rapporto del CNEL ha evidenziato come per le procedure dei licenziamenti 
individuali e collettivi l'Italia risulta essere addirittura più flessibile della Germania. 

Serviranno, salvo complicazioni, almeno dieci anni per ritornare ai livelli 
occupazionali prima della crisi. 

In un tale scenario, dove sono almeno quattrocento le vertenze aperte al Ministero 
dello Sviluppo Economico, i governi che si sono succeduti si sono limitati ad operazioni 
di maquillage, in particolare sui contratti a termine, oggi di fatto pienamente liberalizzati, 
con tutto quello che ne consegue in termini di accresciuta precarietà. 

Nel frattempo, il reddito dei lavoratori dipendenti è stato intaccato da nuove imposte ed 
addizionali, locali e non, riducendosi ancora di più e causando un ulteriore crollo dei 
consumi e, con esso, la perdita di altre decine di migliaia di posti di lavoro nelle piccole e 
micro imprese. 

Tutto ciò senza dimenticare l’incredibile e vergognosa vicenda che vede i lavoratori del 
pubblico impiego, protagonisti loro malgrado: per colpa di qualche fannullone, un’intera 
categoria di onesti dipendenti è messa sottoaccusa, giustificando così il mancato rinnovo 
dei contratti collettivi. 

Proseguendo nel solco già tracciato dalla riforma Fornero, il governo in carica ha ora 
annunciato una nuova riforma del lavoro, ignorando fino ad ora il coinvolgimento delle 
Parti Sociali, nonostante sia proprio l’Europa, tanto richiamata quando serve, a chiedere 
agli Stati membri di favorire e sostenere il dialogo sociale. 

Riforma del lavoro non a caso fortissimamente voluta e plaudita dal Fondo 
Monetario Internazionale e dalle grandi banche d'affari statunitensi ed europee. 
Un giorno, si apprende dalle pagine dei giornali che si vuole cancellare l’Articolo 18, 
alimentando in maniera subdola un conflitto generazionale che non ha ragione di essere, 
in quanto la tutela dal licenziamento illegittimo vale non per l’età, ma per il tipo di azienda 
in cui si lavora; il giorno seguente, si parla di mettere il trattamento di fine rapporto 
direttamente in busta paga, senza ricordare che quelli, oltre ad essere soldi del 
lavoratore, hanno una funzione da ammortizzatore sociale nei casi di 
pensionamento o licenziamento, facendo quasi apparire che si tratta invece di una 
concessione dell’esecutivo; poi, si accenna all’estensione universale degli ammortizzatori 
sociali, aggiungendo subito dopo che sarà comunque a costo zero per le casse dello 
Stato, per a rimetterci saranno sempre i lavoratori. 

UGL dice basta. 

Non è possibile assistere impotenti a quello che appare a tutti gli effetti un salto nel buio; il 
lavoratore non è un’acrobata che cammina sul filo senza alcuna rete di protezione, 
soltanto per far felice qualche spettatore che assiste da lontano alle vicende italiane; è una 
persona che porta su di sé il peso di una crisi che toglie fiducia e serenità alle famiglie. 
Nessuno nega la necessità di intervenire sui tanti nodi strutturali che ingessano il Paese, 
ma le priorità e le strategie vanno individuate seguendo un percorso di condivisione, non 
certo per rinnovare sterili diritti di veto, ma perché si crede fermamente che soltanto 
attraverso la partecipazione attiva è possibile risollevare le sorti dell’Italia. 

La nostra Organizzazione sindacale rivendica più partecipazione allo sviluppo, nella 
convinzione che occorrano investimenti nelle infrastrutture materiali ed immateriali ed una 
nuova stagione di relazioni industriali improntate al modello partecipativo tedesco. 
Serve definire dei piani industriali nei trasporti per i pendolari e per garantire la mobilità 
ai cittadini e alle imprese, per una rete in fibra ottica che ammoderni la dorsale delle 
telecomunicazioni, nella casa, nella scuola, nei settori trainanti del Made in Italy, nella 

manifattura artigianale ed industriale, nella cultura, nel turismo; serve, altresì, abbattere i 
costi fissi dell’energia e ripensare il modello di sviluppo del territorio, puntando 
realmente sulla cosiddetta economia verde alternativa e non inquinante . 
Occorre dare nuovo credito alle imprese e al lavoro, favorendo il ricambio 
generazionale e l’ingresso dei dipendenti nella proprietà delle aziende in crisi, 
valorizzando le tante esperienze già avviate negli ultimi mesi. 
Occorre, inoltre, dare finalmente attuazione all’articolo 46 della Costituzione ed 
elaborare una legge sulla rappresentanza e la rappresentatività che favorisca relazioni 
industriali certe e partecipative. 

Il rilancio del sistema Paese passa dall’assunto imprescindibile che serve più equità. 

L’Italia è il Paese delle iniquità e delle crescenti disuguaglianze: lavoratori dipendenti 
che pagano più tasse dei loro datori di lavoro o che sono tanto poveri da non potersi 
permettere di mettere insieme il pranzo con la cena; migliaia di disoccupati lasciati al loro 
destino, senza alcuna forma di sostegno al reddito e senza neanche la minima speranza 
di essere accompagnati ad un nuovo lavoro; pensioni da fame, nonostante una vita di 
contributi versati, e pensioni d’oro, senza neanche un contributo versato. 
Per scardinare queste disuguaglianze, è necessario rivedere in maniera attenta e selettiva 
la spesa pubblica e la tassazione dei redditi da lavoro dipendente e da pensione, 
immaginando un percorso che porti all’introduzione del quoziente familiare. 
Occorre rimettere mano alla riforma delle pensioni, eliminando tutte le inefficienze emerse 
in questi anni, dando così una vita dignitosa a chi è già in pensione, una risposta alle 
migliaia di esodati ancora in attesa e garantendo la tenuta del potere d’acquisto dei 
giovani. Occorre riformare gli ammortizzatori sociali in maniera intelligente, coniugando 
adeguato sostegno al reddito e servizi per il lavoro indirizzati verso la ricerca di nuova 
occupazione, stabile e non precaria. 
Si pongono così le premesse per dare a tutti più opportunità di lavoro, attraverso una 
gestione solidale degli strumenti contrattuali, anche innovativi come il contratto collettivo di 
filiera o di distretto produttivo, un sistema di incentivi ed un rafforzamento dell’occupabilità 
delle persone con adeguati percorsi formativi e con una vera alternanza scuola-lavoro. 
Da ultimo, ma non per questo meno importante, occorre dare più efficienza istituzionale ed 
amministrativa, responsabilizzando i diversi livelli di governo e dando al cittadino la 
possibilità di tornare a scegliere i propri governanti. 

Lo Stato deve tornare ad essere presente sul territorio per garantire sicurezza, 
legalità, lotta al sommerso, salute pubblica; ma per far ciò, serve una pubblica 
amministrazione efficiente, con un personale motivato e giustamente retribuito, per cui 
occorre sbloccare il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici. 
Lo Stato deve investire risorse importanti per rilanciare il tessuto economico ed 
industriale della Nazione. In Italia la spesa destinata alla Ricerca e Sviluppo è meno 
dello 0,5% del PIL, mentre la strategia di "Europa 2020" ha fissato come obiettivo 
per i Paesi dell'Euro zona di arrivare ad una spesa in R&S del 3% del Pil. Questo per 
incrementare gli investimenti pubblici e privati in ricerca e formazione del capitale 
umano al fine di produrre quella innovazione che permetta crescita e produttività, 
elementi fondamentali per combattere l'attuale crisi economica. 

In definitiva, ciò che serve è uno scatto d’orgoglio, per evitare che le lobbies 
finanziarie che governano le istituzioni europee possano definitivamente smantellare il 
nostro sistema di welfare, nella convinzione che l’Italia non può e non deve arrendersi 
al declino, in quanto ha in sé tutto quanto occorre per tornare ad essere modello di 
rinascita, di bellezza e di valori. 

UGL è pronta. 


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