Ministero del Lavoro, nessuna liberalizzazione dei controlli a distanza: norma in linea con le indicazioni del Garante della Privacy

A seguito delle polemiche sulla riforma dell’art. 4 della L. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) ovvero dei cosiddetti controlli a distanza dei lavoratori sorte subito dopo l’approvazione in via preliminare di Decreto attuativo del Jobs Act contenente “Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità” il Ministero del Lavoro è stato costretto a fare una doverosa puntualizzazione circa la legittimità del Decreto stesso.

In questi giorni infatti si è accesa una forte discussione sulla possibilità per i datori di lavoro di sorvegliare sull’utilizzo di dispositivi tecnologici, come tablet e smartphone, a disposizione dei dipendenti.

Il Ministero del Lavoro ha quindi pubblicato sul proprio portale una nota stampa che mira a chiarire la riforma e fare il punto della situazione; secondo il Ministero infatti non vi è nessuna liberalizzazione dei controlli a distanza, in quanto la nuova norma è in linea con le indicazioni del Garante della Privacy.

Ecco le spiegazioni del Ministero del Lavoro sulla nuova norma sui controlli a distanza

La norma sugli impianti audiovisivi e gli altri strumenti di controllo contenuta nello schema di decreto legislativo in tema di semplificazioni, adegua la normativa contenuta nell’art.4 dello Statuto dei lavoratori – risalente al 1970 – alle innovazioni tecnologiche nel frattempo intervenute.

La norma non “liberalizza”, dunque, i controlli ma si limita a fare chiarezza circa il concetto di “strumenti di controllo a distanza” ed i limiti di utilizzabilità dei dati raccolti attraverso questi strumenti, in linea con le indicazioni che il Garante della Privacy ha fornito negli ultimi anni e, in particolare, con le linee guida del 2007 sull’utilizzo della posta elettronica e di internet.

Come già la norma originaria dello Statuto, anche questa nuova disposizione prevede che gli strumenti di controllo a distanza, dai quali derivi anche la possibilità di controllo dei lavoratori, possono essere installati

·         esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale;

·         ed esclusivamente previo accordo sindacale o, in assenza, previa autorizzazione della Direzione Territoriale del Lavoro o del Ministero.

La modifica all’articolo 4 dello Statuto chiarisce, poi, che non possono essere considerati “strumenti di controllo a distanza” gli strumenti che vengono assegnati al lavoratore “per rendere la prestazione lavorativa” (una volta si sarebbero chiamati gli “attrezzi di lavoro”), come pc, tablet e cellulari.

In tal modo, viene fugato ogni dubbio – per quanto teorico- circa la necessità del previo accordo sindacale anche per la consegna di tali strumenti.

L’espressione “per rendere la prestazione lavorativa” comporta che l’accordo o l’autorizzazione non servono se, e nella misura in cui, lo strumento viene considerato quale mezzo che “serve” al lavoratore per adempiere la prestazione: ciò significa che, nel momento in cui tale strumento viene modificato (ad esempio, con l’aggiunta di appositi software di localizzazione o filtraggio) per controllare il lavoratore, si fuoriesce dall’ambito della disposizione: in tal caso, infatti, da strumento che “serve” al lavoratore per rendere la prestazione il pc, il tablet o il cellulare divengono strumenti che servono al datore per controllarne la prestazione. Con la conseguenza che queste “modifiche” possono avvenire solo alle condizioni ricordate sopra: la ricorrenza di particolari esigenze, l’accordo sindacale o l’autorizzazione.



Fonte: http://www.lavoroediritti.com/2015/06/ministero-del-lavoro-riforma-controlli-a-distanza/#ixzz3dS188rBO

 

http://www.lavoroediritti.com/2015/06/ministero-del-lavoro-riforma-controlli-a-distanza/